Richard Avedon, Palazzo Reale - Milano
La visita alla mostra inaugurata a Palazzo Reale il 22 settembre è un’esperienza immersiva. Non ci sono effetti speciali, musica o proiezioni caleidoscopiche secondo l’uso moderno di molte mostre contemporanee. È un’esperienza immersiva perché, sin dall’ingresso, catapulta il visitatore nel mondo del fotografo. Le stanze di Palazzo reale sono buie e silenziose, e nell’atmosfera ovattata emergono prepotentemente dal buio gli scatti appesi alle pareti, sapientemente illuminati da faretti che indirizzano la luce sulle immagini. Il forte contrasto buio – luce crea una relazione con le opere esposte, in tutto 106 tratte dall’ampia collezione del Center for Creative Photography (CCP), realizzate prevalentemente in un bianco e nero potente, e ne riproduce l’effetto. L’occhio dell’osservatore è guidato dalla luce ad entrare in relazione intima con l’opera.
Sono ritratti di celebrità: artisti, attori, registi, musicisti, ballerini, scrittori, capi di stato, attivisti per i diritti civili e amici del celebre fotografo, realizzati in studio con sfondo bianco o più raramente ambientati, e stampati al cloruro d’argento: la purezza dei bianchi consente di distinguere anche i più tenui toni di grigio. Il bianco aiuta a separare il personaggio dal resto, come dice Avedon, “nel bianco sei solo”. Sono ritratti ravvicinati, nei quali il soggetto occupa la quasi totalità dello spazio. Avedon non amava osservare la gente in piccolo e riteneva che esponendo i ritratti a grandezza naturale offrisse “un’opportunità all’immaginazione di diventare autentica”.
Fotografare persone è creare relazioni, è entrare in contatto: col soggetto fotografato, con l’osservatore, con lo spazio, con sé stessi. Arte di cui Avedon era maestro, e motivo del titolo della mostra – RELATIONSHIPS. Anche le fotografie di moda superano i confini del mero lavoro commerciale; Avedon stabiliva relazioni importanti con le sue modelle, sue muse ed amiche, e con i designer, in particolare Gianni Versace col quale stabilì un sodalizio duraturo a cui è dedicata una sezione della mostra.
La comprensione del mondo del fotografo e del suo modo di lavorare è aiutata dalla presenza importante di sue citazioni nelle sale. La più celebre è esposta all’ingresso della mostra: “Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. È come se mi fossi dimenticato di svegliarmi.”