VALPARAISO VISTA CON GLI OCCHI DI NERUDA (cit. da "Confesso che ho vissuto" P. Neruda)
Valparaiso apre le porte all’infinito mare, alle grida delle strade, agli occhi dei bambini. Accesa e rumorosa, spumeggiante e meretricia. E’ segreta, sinuosa, fatta a gomiti. Come una cascata, la miseria si riversa sui colli.
Il porto è una contesa fra il mare e la cordigliera. Le gru, i moli, le opere dell’uomo coprono la cintura della costa come una maschera dipinta della felicità che fugge. Vicino al mare, in pianura, ci sono case con balconi e imposte chiuse, in cui non entrano molti passi.
I colli e la pienezza marina formarono la città, e la resero uniforme, ma con la disparità della primavera. Le case divennero colori: in esse si unirono l’amaranto e il giallo, il carminio e il cobalto, il verde e il purpureo. Il vento dell’Oceano maggiore meritava una città di bandiere.
Le scale partono dall’alto e dal basso e si contorcono arrampicandosi. Si assottigliano, fanno una breve sosta, ritornano verticali. Fanno il punto. Precipitano. Si allungano. Retrocedono. Non finiscono mai. Se camminassimo per tutte le scale di Valparaiso, avremmo fatto il giro del modo.