ADZOVIOS A LUVULA – INCONTRI A LULA
Una conoscenza come viaggio del cuore nei luoghi dell’anima
Lula è un paesino di poco più di mille anime, nel cuore della Barbagia Nuorese, a vocazione agropastorale.
È il luogo dell’anima di Nello Taietti, è un “luogo a fare di due vita una”, come scriveva Ungaretti, spazio fisico – raggiungibile e visitabile – e finestra temporale, un luogo dove Nello si sente a casa, dimenticando il resto del mondo, un luogo che gli consente di trovare o ritrovare sé stesso e di sentire di essere esattamente quello che è. È un luogo che, senza apparentemente aver fatto nulla di particolare, ha toccato il suo intimo, ed è divenuto il luogo che ama e che preferisce.
Nello vive nella metropoli milanese e Lula è il luogo dell’anima che si oppone al non-luogo della metropoli globalizzata, spazio anonimo e impersonale dell’indifferenza urbana, del consumo, della socialità veloce, della superficialità, dove non c’è tempo per la riflessione e per la relazione.
Lula al contrario è uno spazio per riflettere, uno spazio che regala emozioni e fonte di ispirazione.
Nei luoghi magici accadono incontri e Nello si ritrova ad ascoltare i racconti degli abitanti del paese. Scopre che questo luogo è permeato da uno straordinario contenuto di senso, di valore. Entra in risonanza con l’anima del paese creando una sinergia benefica e produttiva.
La necessità di approdare ad una pienezza intima di comunicazione conduce alle immagini che affollano i giorni, l’anima, e che ora affollano gli spazi espositivi della Fondazione Matalon.
Insieme al figlio Gianmarco che lo raggiunge in occasione di una festa popolare, decidono di raccontare una storia, rivelare il luogo, l’evento, l’umanità dei momenti, e mostrarci più che la realtà del paese, l’immagine che essi ne hanno. Vedono, non guardano. Assaporano intensamente la vita del paese e accumulano impressioni, fotografano invece di parlare. Creano ricordi. Il risultato è un documento significativo, una pungente dichiarazione d’amore. Come scriveva Saint Exupery, “si vede solo con il cuore”.
Il soggetto principale degli scatti è la varia umanità che popola Lula: volti, labbra, sorrisi, nasi, sguardi, espressioni e movimenti che aspettano solo l’occhio dei fotografi per emergere. La fotografia è azzardo dell’incontro, comprensione immediata e trascrizione istantanea. Le fotografie sono principalmente in bianco e nero, perché quando si ritraggono le persone in bianco e nero, si fotografano le loro anime. È un bianco e nero contrastato e potente, che esprime tutta la luce della Sardegna, e che dà unità allo sguardo di padre e figlio, pur leggermente diverso nell’approccio e nelle modalità del ritratto.
Gli abitanti di Lula si danno, si mettono a nudo davanti all’obiettivo. L’esposizione allo sguardo altrui è un’attestazione di esistenza, è un rapporto con sé, con altri e con l’immagine. Vedersi in una fotografia ed essere sorpresi dallo sguardo del fotografo che coglie dettagli o pose spontanee e segrete, è una scoperta. È ciò che manca ai selfie della metropoli. Come disse Borges, “non si esiste che quando si è fotografati”. Nello spedisce da Milano qualche foto a Lula e conquista i cuori. La fotografia crea il legame.
Sono tutte fotogeniche le persone ritratte, donne, bambini ed anziani pur con le loro imperfezioni, perché sono persone abitate, non vuote. Perché si diventa fotogenici quando si ha voglia di darsi. Gli abitanti di Lula si espongono, esibiscono le loro fragilità, mostrando la propria intimità, e portando alla superficie visibile ogni arcana profondità.
Il comune denominatore delle foto è il tempo: il tempo delle cose, della gente, delle emozioni, il tempo che scivola via fra le dita e gli sguardi. Le persone sono ritratte nelle loro attività quotidiane, nelle chiese e nelle loro case, nelle strade, sedute sulle panche in granito della piazza o sull’uscio di casa. Osservando le foto, si respira un’aria di silenziosa sacralità.
Nello realizza principalmente ritratti in primo piano, mentre lo sguardo di Gianmarco è più di strada e i ritratti principalmente ambientati. I momenti di festa sono raccontati attraverso gli abiti tradizionali e, più che durante gli spettacoli folkloristici, nelle pause e nelle fasi della preparazione del cibo. Le migliori fotografie sono ai bordi degli eventi, fotografare l’evento è quasi meno interessante.
Per quanto Nello abbia nel tempo stretto più legami e approfondito conoscenze, nessuno resterà più un estraneo neppure per Gianmarco, perché, come diceva Tornatore: se fotografi uno sconosciuto, nell’istante stesso in cui fai scattare l’otturatore, quella persona smette di esserti estranea, perché la porterai sempre con te.
Erano tanti, gli abitanti di Lula, alla Fondazione Matalon.
Ikebana: nuovo portfolio
L’arte giapponese della composizione floreale mi ha sempre affascinata, con la sua grazia ed il signficato profondo. E’ la rappresentazione dell’essenza dell’universo: il
cielo, la terra e l’essere umano. Ho il piacere di informarvi che ho realizzato un nuovo scatto ispirato a quest’arte per il mio nuovo portfolio.
IKEBANA: la silenziosa arte giapponese dei fiori
La mia intenzione era di realizzare uno scatto in bianco e nero che ritraesse non una singola modella ma una composizione di corpi, che esprimesse un’idea e trasmettesse equilibrio. L’arte dell’Ikebana mi ha dato l’ispirazione. Un corpo più massiccio, raccolto rappresenta il contatto con la Terra, il corpo allungato in verticale il legame con il Cielo, e la figura flessuosamente inclinata rappresenta l’essere umano, in divenire tra le due cose.
Tre giovani ragazze in una composizione di corpi ispirati all’arte giapponese dell’Ikebana. Corpi come fiori per rappresentare l’essenza dell’universo: il cielo, la terra e l’essere umano in profondo equilibrio.
“ NON SI DEVE CONSIDERARE L’IKEBANA COME UN OGGETTO FISSO.
L’IKEBANA È COSTANTEMENTE FLUTTUANTE.
NON SI DEVE DARE UNA FORMA ALL’IKEBANA.
L’IKEBANA HA UNA NUOVA FORMA PER OGNI NUOVA ERA. ”Hiroshi Teshigahara
L’asimmetria è un modo per esortare a non aver paura del vuoto; tutto è in divenire, come nella natura.